sabato 24 novembre 2012

Quando poi ti parla, alzati e vai dove lui ti porta.

Da circa un mese mi interrogo sulla fine di Susanna Tamaro. Sono davvero molto preoccupata e, a giudicare dalla frequenza con cui il suo nome si presenta nella mia mente, in qualche altra vita sarò stata una sua fan sfegatata. Di quelle che lanciano i reggiseni sul palco, per intenderci.
Susanna Tamaro è bionda, ha gli occhi azzurri ed è ancora viva. Me ne sono appena accertata sulla sua pagina ufficiale. Il che, francamente, mi rincuora.Mai sono stata tanto premurosa con un autore.A tal punto da dedicargli un post, in un blog che pensavo di accantonare in un angolino buio del web. In uno spazio virtuale che avevo deciso di lasciar morire lentamente, da solo. In un triste ospizio virtuale, senza che una sola maledetta anima pia andasse a trovarlo, neanche una volta al mese per quindici minuti.E invece, no.Invece il Pensiero di Susanna mi scuote e mi incita all’Azione. Il buon vecchio Giuseppe Mazzini sarebbe fiero di questa capacità di passare all’attacco battendo sui tasti di una tastiera lussemburghese.Non che non abbia scritto, in questi lunghi, intensi, vividi mesi.Ho scritto, eccome. Tanta robaccia. A volte troppo robaccia, a volte troppo intima, a volte troppo animalesca. Troppo. Come me. Se non fossi un coacervo di contraddizioni e se non creassi ex nihilo situazioni paradossali, probabilmente vivrei meglio. Si materializza così uno splendido condizionale controfattuale. La sua caratteristica, in logica, è appunto quella di formalizzare proposizioni impossibili.Insomma, anche la purezza formale mi inchioda a restare quel che sono, disgraziatamente.Ma ritorniamo a Susanna.Ora che so che è ancora viva, mi sento meglio. Mi piacerebbe scriverle una mail:“Gentile dott.ssa Tamaro,ho scoperto di essere la sua Lettrice più affezionata.Pensi: non sto più nella pelle dalla gioia, perché la sua Fan Page lascia intuire che è ancora viva!Il mio inconscio la ringrazia per tutte le sue opere.Cordialmente,Mariangela Zoe”.Sì, penso davvero che il mio inconscio sia stato influenzato da Susanna Tamaro. Non solo perché “Più fuoco, più vento” è stato il primo libro che ho regalato e che mi è stato regalato dal primo grande amore della mia vita – e la ricorrenza dell’aggettivo ‘primo’, opportunamente inserito in una costruzione ipotattica, ne evidenzia il rilievo, ma soprattutto perché “Va’ dove ti porta il cuore” ha probabilmente cambiato il corso della mia esistenza.Con il senno di poi, posso eliminare il ‘probabilmente’ e sostituirlo con un ‘senza alcun dubbio’.Avevo 14 anni, quando ho regalato “Più fuoco, più vento” – e la mia tenera età giustifica una scelta che, nonostante Susanna, resta di dubbio gusto letterario.E, soprattutto, avevo 13 anni, quando ho letto “Va’ dove ti porta il cuore”.Avevo la macchinetta e pensavo di essere la ragazzina più brutta del mondo. Cercavo di integrarmi e adoravo una fascia azzurro cielo e un paio di jeans chiari, larghi. Ero un’adolescente problematica.Fatto sta che leggevo, leggevo, leggevo. E tra le mie letture, letture, letture mi sarà capitata tra le mani la Tamaro.Anzi, no.Chiudo gli occhi e ricordo.Ricordo di essere stata colpita dalla chiusa del libro, letta per caso in una recensione di Repubblica. Ricordo la curiosità che quella recensione ha acceso.Ricordo persino di aver comprato il libro, da Masone.Ora ho 14 anni, le lentiggini e la macchinetta. Divoro quel libro. Lo faccio fuori in quattro e quattr’otto. Pagina dopo pagina, attendo trepidante la frase ad effetto, la riflessione profonda, la vita in pillole che quella nonna destina a quella ragazza.Eppure, pagina dopo pagina, non trovo né frase né riflessione né vita. Chiudo il libro e firmo il retrocopertina, come faccio di solito con tutti i testi, perché diventino miei.Sono delusa. Susanna mi ha deluso.In quel libro, nulla è interessante, salvo la frase di chiusura. E persino quella mi sembra sciocca e banale. Leggera e priva di spessore. Mi strappa un sorrisetto di sarcasmo.Banale l’immagine della tipa seduta sotto un albero.Banale l’idea delle strade che le si profilano dinanzi.Banale il consiglio di seguire il cuore.In fondo, non capisco la poesia nascosta dietro alla letteratura spicciola, come le verità celate dai triti luoghi comuni.In fondo, sono troppo piccola.
Oggi, dopo quasi dieci anni, sono sotto quell’albero. Intuisco la infinità di strade dinanzi a me. E ausculto il mio cuore, nella speranza che si decida a prendere in mano la mia vita, trionfando –finalmente- sul cervello e sulla nociva abitudine di pensare fino allo sfinimento.In questi giorni, in queste settimane, ho cercato di portare a termine tanti piccoli doveri, con scarsi risultati. In questi mesi, mi sono arrovellata, invano.Continuo a stazionare sotto l’albero e mi chiedo chi io voglia diventare.Se mi vedesse la quattordicenne di tanto tempo fa, sorriderebbe di compassione, per questa ragazza, tendente alla donna, con le gambe incrociate, ai piedi di un albero.In attesa del futuro.


E poi, quando davanti a te si apriranno molte strade e non saprai quale prendere, non imboccarne una a caso, ma siediti, e, senza farti distrarre da nulla, aspetta, e aspetta ancora. Stai ferma in silenzio e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va' dove lui ti porta.