domenica 15 gennaio 2012

Icara

http://www.youtube.com/watch?v=ntm1YfehK7U

Su, acchiappa il sole. Forza, prendilo. È proprio lì sulla tua testolina. Dai, afferralo. Non aver paura. Siamo uomini, nati per giocare col fuoco. Infrangi i tuoi limiti. Valica-ti. Salta. Salta più in alto. Secondo te ci entra in un retino per farfalle? Forse sarebbe meglio colpirlo con una freccia e farlo cadere. Lo metteresti nel tuo piccolo lettino, per riscaldarti. Una infuocata borsa dell’acqua calda. E se poi mi scotto? E se poi mi brucio? E se poi mi ustiono di quelle cicatrici che non sbiadiscono mai? La mia vita è perduta. Io sono perduta. Il mio corpicino è perduto.
A dire il vero, io, qualche timore, ce l’ho. La chiamano maturità e tutti dicono che non sia proprio una passeggiata. Mi raccontano che è l’età del non ritorno. Il periodo della vita in cui pensi a quello che avresti potuto fare e che non hai fatto e che mai farai. Perché non è piu’ il momento. Perché non hai più il tempo. Sciocchezze. Il tempo è solo uno stronzo e tu da tale lo devi trattare. Proprio come tratteresti un uomo. Stronzo. Non è mai l’età per dire mai. È sempre l’età per reagire. Per guardare il mondo dritto negli occhi, giù dritto al cuore. E allora, come faccio? Fai proprio come se fosse un tipo che incontri per strada. L’ultimo dei passanti. Altezzoso e distante. E se mi guarda dall’alto in basso, anzi dal poi al prima, io come mi comporto? Il caffè è caduto oggi pomeriggio e il mio jeans è sporco. È una chiazza grande. Potrebbe avere i suoi buoni motivi per guardarmi con quell’aria di disprezzo. Nessuno ha il diritto di condannarti, nemmeno T. Ricordalo sempre. Non ci si arroga il diritto di giudicare, in nome di una macchia di caffè e un adulto come lui dovrebbe sorriderti. Con tutta l’esperienza che ha. Con tutti gli spettacoli che ha visto. Ma spesso mi tratta male. Compare all’improvviso. Sbuca dagli angoli e inizia a fissarmi, così senza un perché. Denuncialo per stalking. Impediscigli di sopraffarti. Ma non penso di essere così forte. Prova a tirargli i capelli. Non dovrà esser poi tanto difficile. Sono bianchi e così lunghi. Con nonchalance, calpestali. Poggia il piede sulla prima ciocca chilometrica che hai a tiro. E resta lì, ferma. Immobile. Prendilo alle spalle e mostragli che se vuoi, puoi. Ma potrebbe arrabbiarsi! E dunque? S’arrabbia. Gli passerà. Ma tu sarai più forte. E un giorno potrai geometricamente dimostrargli che in un secondo l’uomo può racchiudere il mondo e l’eternità. Allora, avrai vinto.
Per ora, continua a saltare, bambina.

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