Dice
arrivederci il guerriero che parte in missione. Si volta e ha il desiderio di
correre da chi ha lasciato. Per un solo maledettissimo attimo ha voglia di
rimangiarsi tutto. Di non partire. Di non combattere il nemico. Di non cercare
principesse. Di non rischiare la vita.
Nello
spazio di un attimo, percorre i dieci passi che lo separano dall’uscio caldo e
riprende in mano la vita che per un pelo non ha lasciato. Al diavolo draghi e solitudini.
Arrivederci
è esattamente quell’attimo, quello spazio di tempo che percorri con l’immaginazione.
Dice
arrivederci chi torna indietro. Chi desidera tornare indietro.
Desidero
tornare indietro ogni volta che lascio Torrecuso e, per un istante, mando al
diavolo tutte le mie principesse, lascio tossire tutti i miei draghi e ricordo
solo da dove vengo, perdendo di vista dove vado e il mio stesso andare.
Banalmente,
ho inaugurato questo blog nel segno dell’arrivederci. Nel nome di quella
nostalgia che attanaglia Ulisse. Il mio dolore del ritorno.
È
l’ora di smetterla. È l’ora di smettere di vivere nell’attimo dell’arrivederci
anche quando quell’attimo è finito.
Adesso
è il tempo della ragione. È il tempo delle scelte. È il tempo di lottare contro
l’atavico fatalismo del Sud che mi porto addosso.
È
il tempo di seguire il cuore, nonostante la paura.
È
di nuovo il tempo di giocare al gioco della fiducia.
È
il tempo di fare di necessità, virtù e indicare sul mappamondo i posti dove ti
piacerebbe vivere, dato che in Italia al momento non puoi.
Quale
giorno migliore dell’ultimo dell’anno per chiudere un blog che non parla più di
me?
Quale
giorno migliore per trovare in posti sconosciuti il coraggio che mai avrei
pensato di avere e comprare un biglietto di sola andata?
Arrivederci,
amore, ciao.
Ciao...
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