domenica 27 novembre 2011

Tra una scatola di tonno e un cammello, questa notte passerà

Mi strucco lentamente. Brevemente, oserei dire.
Come scrivo. Scrivo di rado, in fondo. Come di rado mi strucco.
E come altrettanto di rado mi trucco.
A volte ho l’impressione che la mia faccia mi faccia sembrare stupida. Madre natura non può dispensare troppi doni a un solo individuo: deve provvedere a una moltitudine.
Per cui, di solito, gli occhi chiari e i capelli biondi si accompagnano a un cervello non particolarmente lesto. Un’intelligenza che non afferra al volo i concetti.
È un pensiero che mi turba da quando ho iniziato a prendere coscienza di me stessa. E non parlo dell’amica con cui chiacchieravo allo specchio quando avevo tre anni. Si chiamava Giulia.
Non posso avere gli occhi verdi ed essere intelligente – ipotizzavo.
Devo avere gli occhi verdi ed essere un po’ lenta. È la legge della vita.
Poi, è arrivato il berlusconismo. Ma, per fortuna, avevo già detto a me stessa che se qualcuno mi avesse posto di fronte a una roulette russa, in cui, anziché vita o morte, la posta in gioco fosse stata occhi verdi o cervello, io avrei scelto il cervello. Silvio mi ha semplicemente ben radicato nella mia scelta di vita, insomma.
Eppure, qualche danno c’è stato.
Truccarmi, oggi, mi fa sentire una velina. Anche se si tratta solo di una riga nera – e storta, oserei dire – sugli occhi.
Sono reduce dalla notte di rue d’Ulm, l’evento dell’anno della Normale.
E allo specchio, prima di uscire, mi sono guardata dopo tanto tempo. Mi sono scoperta. E truccata. Di solito, mi lancio un’occhiatina, giusto per verificare di essere in ordine. Stasera, mi son proprio guardata.
Non penso sia neanche troppo giusto dimenticare di essere un corpo e di avere delle fattezze. E non è troppo equilibrato neanche lo slogan: “cambierei il colore dei miei occhi, in nome del cervello”.  
Mens sana in corpore sano vitae prodest. Alla vita, nel suo pieno essere.
Per questo, ho cominciato a cucinare. Di tanto in tanto, giusto per impedire al mio corpo di perdere l’abitudine di mangiare davvero.
Senza considerare le lavatrici e una vita – strana – che gira in un verso tutto suo – strano.
Ma mi sono sempre considerata – strana.
Per cui, tutto è normale.
E io posso tutto: sono una cellula totipotente, come mi ripeteva qualcuno, tanto tempo fa, in un’altra vita. Ho addirittura aperto una scatoletta di tonno senza linguetta con un coltello, oggi pomeriggio. Completamente sprovvista di qualsivoglia tipo di companatico da accompagnare alla mia baguette, anziché uscire e far la spesa, ho affrontato la suddetta scatoletta. L’ho acquistata un mese fa, salvo poi rendermi conto che senza apriscatole non si sarebbe mai aperta. Da allora, troneggiava nella mia libreria, cittadella fiera della sua inespugnabilità.
Ma oggi mi sfidava con un’aria più boriosa del solito. E io avevo più fame del solito.
Ho brandito il coltello e, con molta fatica e tanti colpi secchi, forato la latta e mangiato il tonno al naturale - orribile.
Un trionfo.
Per la cronaca, l’arabo al quale solo ieri ho dedicato un post zuccheroso e romantico, il povero Odisseo d’Arabia vittima di solitudine è un parto della mia fervida fantasia.
Lo incontro perché, ogni volta che esco dalla mia stanza, esce anche lui dalla sua.
Vive solo a due porte di distanza, quindi sente il rumore.
Ieri sera, sono saltata quando l’ho incrociato in bagno. A braccia conserte sulla soglia.
Ho mormorato un Pardon frettoloso e impastato e son scappata.
Varrò cinque o dieci cammelli?
Purtroppo, sono bionda.

1 commento:

  1. E' bellissimo! M'ha fatto giungere tutto l'ambiente. Quello domestico e quello di fuori, sullo sfondo. Non solo quello della fantasia. E poi che cambi di passo! "...orribile. Un trionfo...". Scrittrice e... giornalista!
    Carlo

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